Scaldarsi con le foglie?

Si fa più che altro per ridere, ma con i tremendi dictat che impongono di abbassare di benel un grado la temperatura rispetto a quella maledetta giungla tropicale in cui trascorrete i vostri stupidi inverni.

In tanti sono alla ricerca di soluzioni alternative che siano molto low cost. Io ho già detto spesso utilizzo camini a legna con filtri contro il particolato e alimentazione proveniente da zone che vengono costantemente rimboschite, quindi tutto sommato mantengono abbastanza pari il bilancio, a differenza per esempio del metano che continua a reintrodurre l’anidride carbonica fossile e avere costi che schizzano le stelle.

Ci si può riscaldare con le foglie secche?

Certo, si può far tutto nel mondo, ma vediamo quali sono i motivi per i quali non ha troppo senso.

1 Troppe emissioni

Le foglie secche possono provenire sostanzialmente da due vie differenti: potature e fogliame seccato per l’autunno in maniera naturale, con raccolta a terra.

Le prime rispetto alla seconda presentano un potere calorico leggermente più alto, ma si tratta di frazioni, tuttavia non sono da considerare una buona fonte, perché seccando in maniera non naturale contengono una grossa concentrazione di oli essenziali e sostanze potenzialmente tossiche che si liberano con la combustione e sotto forma di un fumo molto denso e con un odore forte, a seconda del tipo di fogname.

Le altre, invece, hanno una componente più bassa di olio e di resina, ma questa rimane comunque presente. Quindi, in generale, visto che le foglie sono elementi vivi, a differenza dei tronchi in cui gran parte del volume è occupato da materiale non attivo a livello cellulare , quindi, bruciare le foglie risulta essere una maggior fonte di inquinamento a causa della densità di olio.

Si può però notare come alcune foglie purtroppo con concentrazioni piuttosto scarse nei raccolti, contengono oli che bruciano bene e non producono sostanze tossiche, ma a meno di non avere una monocultura, non ci si può contare.

2 Poco compatte

Le foglie per loro natura sono poco compatte rispetto al legno, che è formato da cellette di cellulosa e lignina dure e con molto carbonio.

Le foglie contengono molta umidità, a volte anche da secche rispetto al legno e la loro densità è estremamente bassa. Inoltre, se vengono utilizzate per accendere un fuoco oltre a produrre una grossa quantità di fumo puzzolente e denso, faranno grandi quantità di cenere che rende difficile la vita alla fiamma rendendola meno efficiente e impedendo orriscaldamento ottimale.

3 Difficili da lavorare

Con le foglie è possibile ottenere un tipo di pellet di fascia molto bassa che non dovrebbe neanche essere preso in considerazione, perché intasa le vostre tubature e rende difficile la pulizia in seguito.

Per fare la pellettatura bisognerebbe ridurre le foglie in briciole, ma per loro natura queste non saranno mai compatte o compattabili come la segatura da pellet e il risultato sarà quello di pastiglie che si sfanno collassano con il caldo e dando pessimi risultati di fiamma

È tutto perduto?

In realtà no. Le foglie possono essere comunque utilizzate come fonte di riscaldamento, a patto di pre lavorarle e di utilizzarle in maniera specifica. Devono essere trasformate in wafer pressati e sigari, un lavoro che ovviamente non ripaga lo sforzo, perché con queste mattonelle è possibile incrementare leggermente la resa della vostra stufa quando la fiamma è viva.

Io non lo farei mai, ma se vengono messe piuttosto di rado, quando la brace è ad alta temperatura, qualche risultato lo possono dare, ma mi servono filtri molto efficaci per eliminare i residui di fuliggine e di fumo denso e che vi costeranno molti di più dello scegliere una soluzione a base di legno vero o rigenerato in pellet.

Bussole e tubolari

Molto spesso vedo utilizzare chiavi e bussole in maniera del tutto intercambiabile e fino a un certo non c’è nulla di particolarmente sbagliato. Tuttavia bisogna aver piuttosto chiare le differenze tra le diverse tipologie le chiavi.

Di per sé queste tipologie di attrezzi sono un abito molto complesso e in questo momento non è il caso di andare a esplorare nel dettaglio le loro specificità, mentre per quanto riguarda bussola e tubolari come macro il discorso è relativamente più facile.

Cerchiamo quindi di dare un’occhiata a quali sono le caratteristiche principali dell’uno e dell’altro tipo.

Chiave tubolare

La chiave tubolare è un tubo dotato di fori passanti in cui infilare un perno di metallo e che ha le due estremità sagomate per incastonarsi perfettamente in dadi che possono essere esagonali ma in alcuni casi sono quadrati, pentagonali o addirittura stellati.

Le chiavi tubolari stellate sono rarissime e di solito fanno parte di dotazioni molto specifiche, mentre in generale le chiavi sono pensate per uno scopo generale. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di strumenti che hanno da un lato una misura pari e dall’altra quella dispari precedenti.

Quindi 11-12, 13-14 ma non sono rari anche esempi invertiti 14-15 o 16-17 ecc. ecc. Questo per facilitare l’uso e per avere meno strumenti tra cui frugare. In media se si va a occhio e se la misura non è quella giusta sarà quella sopra o quella sotto. Con un po’ di esperienza.

Le chiavi tubolari si manovrano con un perno passante che è realizzato in acciaio non troppo duro sennò si spezza o rompe la chiave, ma bisogna stare molto attenti a non esercitare troppa trazione, perché a seconda della lega possono strapparsi dove c’è la sagomatura esagonale. Questa può essere ottenuta per pressa oppure per incisione scavandola dal pieno.

In alternativa possono danneggiarsi nel punto di intensione del perno passante.

Le chiavi tubolari si utilizzano per trattare bulloni accessibili solo verticalmente, anche all’interno di scassi, quindi sono un ottimo strumento per lavori complicati. Questa funzionalità però deve fare i conti spesso con il poco spazio disponibile e molti casi le chiavi sono con pareti sottili.

Le migliori sono quelle che hanno il profilo esterno rotondo ed interno sagomato, mentre quelle di fascia molto bassa sono ottenute per pressatura e hanno gli spigoli fragili e spesso sono in carburi duri. Non è necessario acquistare un lotto completo di chiavi tubolari, perché sono strumenti piuttosto costosi, ma è sempre consigliato evitare di comprare troppi elementi spaiati, perché il rischio è quello di trovarsi con una collezione di doppioni inutili e troppo poche chiavi ricorrenti, come la 13.

Bussole

Le bussole sono pensate per trattare bulloni che si trovano in posizioni realmente scomode e vengono utilizzate con l’apposito manico, che può ricordare un cacciavite, ma che ha un foro quadrato grande in cui si innesta la bussola, oppure una testa quadra o esagonale con un bloccaggio a molla, nel caso di altre tipologie di chiavi.

Visto che la testina viene bloccata con un pallino a molla, il che la rende piuttosto fragile, di solito la lavorazione è fatta in modo tale che il pallino non possa uscire ma se questo dovesse a finire perduto, la bussola diventerà praticamente ingestibile se non in situazioni molto comode, dove in realtà potrebbe essere più facile utilizzare un altro tipo di chiave per il semplice fatto che viene via.

Ci sono anche bussole con l’inserto esagonale ma non sono particolarmente consigliate perché sono di fascia più economica e tendono a essere meno robuste. Quello quadrato e quello triangolare sono in media quelli che offrono lo spunto migliore, anche se quelli triangolari sono una vera e propria rarità.

Le bussole spesso non vengono però utilizzate su un albero dritto, ma possono essere montate su un cricchetto, uno strumento relativamente fragile che è progettato per consentire l’uso di questi inserti in diverse modalità.

Il cricchetto è dotato di un innesto quadrato per essere messo su direttamente sulla bussola, oppure su un albero di prolunga dritto o flessibile, anche se il secondo tipo è sconsigliato perché esercita meno forza e tende a usurarsi rapidamente nel punto di inserzione.

Le bussole, spesso, inoltre vengono montate su un albero dotato di un giunto cardanico a croce massiccio. Questo è necessario se c’è bisogno di intervenire su un elemento da svitare di difficile accesso in cui sarebbe impossibile arrivare con l’impiego di una chiave a tubo oppure una chiave regolare.

Fra le due categorie di attrezzi, le bussole per loro natura sono meno ingombranti rispetto alla chiave a tubo, ma ovviamente, essendo oggetti abbastanza piccoli, sono anche più facili da perdere e devono essere tenuti con la massima attenzione.

Il vantaggio rispetto ai tubolari è che in un singolo contenitore si hanno tutte le misure sia quelle europee che quelle americane e in molti casi ma il grosso svantaggio di tutti i set è che man mano che si danneggiano gli elementi diventeranno completamente inutili. Spesso, infatti, si usano pochissime misure di bussola per i lavori di tutti i giorni.

Io per esempio sostanzialmente uso soltanto le chiavi dell’11 e del 13 e praticamente mai per le esagonali, mentre per le torx vado a braccia perché le odio. Si trovano ovviamente ricambi di altre marche o set spaiati, spesso rivenduti da chi oramai è rimasto con pochi elementi in mano e possono essere una buona soluzione per riempire il set.

Quale scegliere?

Ovviamente non vi posso dire se scegliere le chiavi tubolari o le bussole. Io ho set di uno e dell’altro tipo, completamente spaiati con elementi di marca, elementi pessimi, mezze misure e chiavi americane in pezzo singolo per motivi pratici.

L’unica questione è che le chiavi tubolari sono molto più ingombranti rispetto alle singole bussole e se non si ha un buon cassetto dove tenerle o una busta finiscono per essere completamente irrecuperabili in mezzo al disordine.

Seghe circolari a mano

La sega circolare a mano è chiamata così perché si tiene con le mani e non perché c’è una manovella, specifico questa cosa perché dovuto spiegarla a un mio amico che stava andando nel panico, convinto che volessi tagliare un travicello con uno strumento dell’Ottocento, è uno degli attrezzi più utili, soprattutto quando oltre a tronchi e tronchetti si deve tagliare tavole di varia natura.

Menzione a parte meritano le seghe assiali a mano, derivanti dalla meccanica dei flessibili o molette, utili in molti contesti e che vedremo in seguito.

Diamo rapidamente un’occhiata a come funziona la versione tradizionale.

Funzionamento della sega circolare

Il cuore pulsante della sega è un disco di metallo con denti con inserti in lega o in metalli duri, intestata sull’albero di un motore elettrico, per ovvi motivi di praticità, perché quelli a benzina sono ingestibili.

La sega è dotata di un pattino che si fa scorrere sulla tavola da tagliare e di una protezione per la lama. In pratica se si prende in mano lo strumento la lama è coperta e il suo astuccio scorre via soltanto quando si viene in contatto con il legno. Inoltre l’impugnatura si trova sul corpo motore.

Può essere anche dotata di una riga di rispetto per tagli più precisi per prendere la misura quando si ricava da una tavola grezza una finita.

Potenza

Le seghe elettriche a mano di solito hanno una potenza limitata a causa del peso. Si va da circa 250 watt fino a 1400 watt, ma non di più, altrimenti il motore diventa veramente ingombrante.

La potenza determina anche la capacità di taglio, perché maggiore è questo fattore migliore sarà il campo di applicabilità dello strumento.

Diametro del disco

È fondamentale e si va da quelli piccoli da 5 pollici circa fino a quelle enormi da 12-13 pollici. Dopodiché bisogna montarla su una guida e lavorare sul banco. Il disco della sega è intercambiabile ma bisogna stare attenti a non lasciarsi ingannare troppo dalla possibilità di sostituirlo con uno diamantato o uno per taglio in bitume pressato, perché per quello ci sono altri tipi di strumenti. La sega circolare non offre le protezioni necessarie perché è pensata per il legno e basta.

Protezione elettrica

Di solito le seghe circolari hanno più gradi di protezione: lo sblocco generale, un grilletto e una protezione da sforzo. Se la sega incontra un materiale non compatibile con lo sforzo previsto, il sistema elettronico la blocca. Non tutte le seghe hanno questo meccanismo, soltanto quelle di fascia professionale.

Quindi state molto attenti perché una sega hobbistica per inerzia continua a funzionare, anche se c’è spesso un sistema a baionetta che la blocca nel caso di manovre maldestre. È comunque un sistema che scatta soltanto se la sega casca di mano e batte in terra.

Prepararsi per pitturare casa

Quando si imbianca una parete in casa o si vernicia qualche cosa è necessario proteggere tutte le superfici interessate, per esempio mobili, tappeti e divani, pavimenti e quant’altro. In molti casi, infatti, è proibitivo dover spostare le superfici molto grandi come un mobile e non serve neanche.

Magari se avete pochi soldi e intendete soltanto verniciare la parte visibile lasciare un po’ rovinata quella dietro, meglio conoscee qualche trucchetto. Vediamo quali sono le soluzioni possibili per ridurre i danni.

1 Cenci e stracci

Se avete vecchie tende, cenci e stracci potete pensare di utilizzare questa soluzione. Io personalmente ve lo sconsiglio, perché a meno di dover proteggere una superficie molto piccola, come un angolino, cenci e stracci sono troppo permeabili e vi troverete puntualmente a dover fare i conti con i danni da infiltrazione.

Comunque se avete un grosso deposito di vecchie coperte, vecchi lenzuoli, tappeti marci e simili, tende per esterni ormai sbriciolate e altre cose analoghe potete tranquillamente provare.

Non vi garantiscono nulla e sinceramente prima sperimenterei un secondo in un angolo facile da pulire, per esempio non sul cotto, ma su piastrelle in ceramica, che non assorbono.

2 Carta

La carta a rotoli che vendono tutte le parti, compresi i supermercati. Costa molto poco ed è abbastanza buona per assorbire la vernice. Funziona però soltanto con la vernice densa.

Quindi se usate la vernice a base d’acqua molto liquida c’è il rischio che la tinta riesca a passare attraverso i pori della carta e finisca per macchiare gli spazi sotto. Quindi, se dovete proteggere uno stipite o un angolino facile da pulire con una spugnetta va bene, ma se dovete proteggerci sul divano non ci penserei neanche da lontano.

È una soluzione sbagliata in generale, se volete essere professionale. Comunque la carta deve essere sempre con voi rotoloni per eliminare tutte le sbavature e per pulirvi le mani, che altrimenti resteranno verniciate praticamente per sempre.

Non so per quale motivo la vernice per pareti si appiccica a qualsiasi cosa e fa macchie che non seccano mai se sono treoppo spesse.

3 Veli di nylon

I veli di nylon sono un accessorio fondamentale per tutto quanto il bricolage e a seconda di come li tratti ogni volta hanno il vantaggio di essere utilizzati per sempre. Se prendete il nylon, quello molto spesso, infatti basta semplicemente stenderlo e ripiegarlo per bene a lavoro finito dopo aver tolo con una spugnetta il grosso della vernici per interni, che non appiccica.

Tuttavia se fai lavoretti saltuari in casa e non ha troppo voglia di riempire lo sgabuzzino di accessori basta prendere un rotolo di nylon molto sottile, che è molto simile alla pellicola per gli alimenti e stenderlo un po’ dovunque.

Va fissato con il nastro carta come questo, e occorre un po’ d’occhio per non lasciare zone scoperte che vanificherebbero tutti i vostri sforzi. Ricordatevi che se la superficie è perfettamente protetta e il nylon è integro comunque la vernice può colare tranquillamente lungo la superficie del nylon che non è porosa e raggiungere angoli indesiderabili.

Sta a voi prestare molta molta molta molta attenzione.

4 Feltro

Il feltro per assorbire la vernice è più che altro un accessorio professionale. Si tratta di stracci macinati, molto spessi e protetti al loro interno da uno strato di nylon. In questo modo la vernice viene assorbita quasi integralmente dal cencio che poi verrà fatto seccare alla luce del sole e proteggerà la casa.

È un poco costosa come soluzione ma può andare abbastanza bene per chi ha bisogno di fare questo lavoro con una certa frequenza.

Nota importante: a seconda della soluzione che utilizzate il risultato cambia considerevolmente. Bisogna essere molto attenti alla densità della vernice. Se l’acquistate presso un rivenditore al dettaglio, ferramenta, mesticheria, grande magazzino del bricolage (non lo fate, credetemi sulla parola), chiedete sempre quanto deve essere diluita.

Questo perché in alcuni casi vi sarà venduta pronta per l’uso, e si chiama “prendere un pacco” perché in questo caso vuol dire che è già stato diluita e state pagando acqua più un po’ di vernice alla stessa cifra o forse anche di più del costo della vernice normale.

Se invece ve la fate voi, cioè prendete un secchiello e poi provvedete alla diluizione dovete imparare le proporzioni, che di solito sono dell’ordine del 30-40%. Quindi se volete spendere tanto andate al magazzino con tutto (??????????) per il bricolage di turno e fatevi fregare.

Altrimenti prendete quello da preparare e un mescolatore.

È importante però che il mescolatore venga gestito con un trapano o un avvitatore abbastanza lento, altrimenti schizzerà tutte le parti come la panna montata e soprattutto che una volta fatto il lavoro diate una pulita radicale alle sue spazzole, altrimenti dopo le buttate letteralmente via, soprattutto se la vernice ha una base polimerica come quasi tutte le vernici moderne.

Questo perché la polimerizzazione consente una stesura migliore ed una maggiore tenuta, evitando quindi di dover fare più passate.

Ulteriore nota

Inutile a dirlo ma tanto mi toccherà: in casa non usate e vernici con la base nitro o sintetica, perché altrimenti vi troverete a schiantare intossicati da qualcosa di velenoso e lurido.

Preferite piuttosto una soluzione ad acqua come le vernici al quarzo o a base acrilica polimerica, che se non altro sono più compatibili con l’ambiente. In molti casi, infatti si utilizzano vernici simili al poliuretano oppure ad altre resine per ottenere effetti particolari, in particolare se c’è da verniciare un pavimento, ma quelle sono soluzioni professionali e non per i lavoretti fatti in casa in 5 minuti.

Uso del seghetto alternativo: la guida definitiva

Spoiler: non è la guida definitiva. Datti da fare.

Il problema principale quando si utilizza un seghetto alternativo, oltre a tenere il taglio dritto e preciso, un fattore che è legato principalmente al banco di lavoro e alla presenza di guide, è che quando la tavola di legno è di buona qualità, stagionata e particolarmente dura il rischio di ottenere un bordo impresentabile è molto alto.

Vediamo quali sono alcuni passaggi necessari per ottenere un buon risultato senza bisogno di un’officina professionale.

1 Selezione della lama

La lama di taglio è l’elemento più importante di tutti e scegliere quella giusta significa faticare meno e ottenere un risultato buono. Però in molti casi si hanno a disposizione ben poche lame in casa e Bisogna considerare che il seghetto non è la soluzione migliore sempre.

Per un buon risultato bisogna evitare sia le lame con i denti troppo piccoli. perché causano surriscaldamento che quelle con i denti troppo lunghi perché quasi automaticamente lasceranno segni da impatto sul bordo di taglio.

La soluzione migliore è impiegare lame con sagomatura a dente di squalo alternata, testa svasata e caratura media. Le tavole, infatti, possono essere tagliate tranquillamente con il seghetto alternativo, a patto che non siano troppo spesse.

Di conseguenza avere denti molto grandi o molto piccoli non è mai una buona scelta. Inoltre i denti di dimensioni adatte limitano il surriscaldamento, consentendo un taglio preciso senza caramellatura, che è il processo in cui l’alta temperatura fa diventare marrone scuro e a volte nero in legno a causa di modifiche a carico sia della cellulosa che della lignina.

La via migliore, se si fanno tagli saltuari resta sempre un set fra cui scegliere.

2 Scegliere la direzione di taglio

La direzione di taglio è fondamentale. La tavola, di solito, ha due facce ben distinguibili: una che si può considerare quella buona, magari già lavorata e ben liscia e una invece che è quella di servizio, di solito un po’ più ruvida.

È fondamentale imparare a riconoscere le caratteristiche delle tavole prima di cominciare a tagliare. In molti casi non c’è nessuna direzione preferenziale, ma è sempre bene tenere d’occhio la qualità del legno. Se un lato è stato già lisciato, laccato o lavorato, quello dovrà trovarsi sotto durante il taglio.

In questo modo i denti morderanno offrendo un risultato buono, mentre se si fa scorrere il seghetto su questa faccia, oltre a rischiare di avere rigature ben poco gradevoli, i denti faranno sfondamento perché a impattare sarà la parte arrotondata e quindi c’è un maggior rischio di ritrovarsi con scheggiature indesiderabili e a volte difficili da recuperare che richiedono l’uso dello stucco.

Usare un buon seghetto alternativo è tutto, comunque, quindi, mano al portafogli!

3 Proteggere le zone di taglio

Per proteggere la zona di taglio serve del semplice nastro per carrozzieri con collante non infiltrante. In soldoni si tratta di comune nastro ma di buona qualità, ma che ha un collante che non lascia macchie o che al limite possono essere rimosse con solvente prima che la colla penetri in profondità.

Questo obbliga a riportare le misure di taglio direttamente sul nastro lungo la linea ideale. Bisogna tenere in considerazione il fatto che la lama porterà via una quantità di legno più o meno pari alla sua larghezza o leggermente superiore.

Il comune nastro carta si strappa e si impasta alla sega. Questo costa assai di più, ma i mobilieri lo usano a rotoli per le parti importanti e i legni laccati.

Per questo quando si effettua un taglio non bisogna mai centrare la lama sul filo di taglio cioè sulla linea, ma andrà sempre presa sul lato esterno, ovverosia nella parte di legno che deve essere poi scartavetrata. Così facendo la parte interna, cioè quella buona, risulterà sempre pari a misura e si evitano sgradevoli problemi con tavole troppo corte che non combaciano.

Le regola, infatti, vuole che una tavola troppo corta non si possa recuperare se non in maniera piuttosto raffazzonata, mentre una più lunga al limite può essere ridotta con della carta vetrata.

Prima di fare il taglio è sempre opportuno prendere più volte le misure e accertarsi di avere buone guide e buone dime e un banco di lavoro adatto. Il lesto o seghetto alternativo in generale va bene per piccoli lavori. Se dovete fare tagli molto grandi. per esempio un longitudinale su una tavola optate per qualcos’altro come per esempio una sega a nastro oppure una circolare da banco fissa a lama scoperta.

Tre tipi di saldatore per laboratorio hobbistico

Bella domanda. Il fatto è che dobbiamo subito cominciare distinguendo due grandi categorie di saldatori, cioè quelli per lattoneria e le versioni per elettronica, Le prime, per ora le saltiamo, ma sappi che sono tante e molto differenziate, mentre quelle per elettronica sono altrettanto variegati e purtroppo ti serviranno più o meno tutte, se vuoi fare un po’ di riparazione in questo settore.

Facciamo una rapida carrellata per capire come sono.

Sicuramente un’immagine più attinente della tizia che afferra il saldatore dal lato del ferro…

Saldatore a pistola

È il secondario di un trasformatore chiuso su un pezzo di lega, non di rame puro, come alcuni pensano, perché altrimenti se lo mangia lo stagno, in gran parte delle applicazioni e consente di ottenere ottime temperature con la massima precisione, sia per quanto riguarda il range che dipende notevolmente a quanto il trasformatore si scalda, ma è più che altro questione tecnica e dalle condizioni della punta.

Si utilizza per fare le masse, cioè per stagnare grandi superfici su piani metallici molto grossi, ad esempio conduttori in rame del diametro superiore a 1 mm. Non va bene per elettronica e non c’è modo di adattarlo in maniera sensata, anche utilizzando i cappuccetti, perché è come cercare di piantare un chiodo con una botte di vino ferrata, assai poco pratico.

Magari può anche funzionare, ma sinceramente eviterei.

Saldatore a penna

un altro tipo di saldatore per elettronica in senso lato è quello a penna di potenza. A sua volta è piuttosto grande, però molto utile per fare stagnature di grandi dimensioni e per creare le masse che continuano a essere sempre uno dei grandi campi di utilizzo, ad esempio quando si creano i cavi d’antenna dopo aver rifiutato malamente l’offerta di quello che ha cercato di venderti di un decoder taroccato. Cosa che faccio puntualmente. perché sono pieno di connettori.

Non vanno in linea di massima benissimo per elettronica, ma in caso di disperazione per certi elementi si possono utilizzare.

Ci sono poi i saldatori a penna più piccoli con una potenza più bassa con alcuni modelli addirittura a batteria che si utilizzano a loro volta nel settore dell’elettronica per i circuiti stampati tradizionali e anche per quelli più moderni come gli smd, che sono quelli componenti minuscoli che in certi casi soprattutto nelle riparazioni si possono assemblare in questa maniera poco propria.

Soldering station

Poi ci sono le soldering stations o stazioni saldanti, un po’ più professionali, che possono garantirvi maggior precisione in tutte le operazioni di saldatura e soprattutto di non fare grandi danni. Costano di più, ma sono un buon investimento. Purtroppo per fare le masse sono quasi completamente inutili e alcuni modelli mettono insieme testine stilo di più potenze ma sinceramente vi sconsiglio di utilizzarli, perché spesso sono oggetti non professionali e poco affidabili.

Ci sono poi i saldatori con le puntine apposta per saldare diversi tipo di terminali. Per lo più sono accessori tecnici e poco pratici al di fuori del campo ristretto di utilizzo. Ricordati che più è grande la puntina peggio sarà la saldatura se non sai fare.

Una piccola nota ridondante sul saldare

Per fare una buona saldatura è importante che tutte e due le superfici di contatto siano alla temperatura giusta, altrimenti è tempo perso. Ricordatevi quindi riscaldare sempre la superficie su cui saldate, prestando però attenzione a non fonderla e non rovinarla. È un fattore determinante che può costarvi un circuito completamente da buttare.

Inoltre è fondamentale attenersi scrupolosamente al rating di potenza riportato sul saldatore e datasheet dei componenti, anche sulla categoria, dipende da cosa state utilizzando, sempre per quel bruttissimo difetto che il silicio si rompe e costa parecchio ormai.

Tre modelli per cominciare

Fervi

Questo saldatore a pistola va benissimo per fare le masse o per le saldature molto grandi. Il brand è affidabile e la sua potenza enorme. Attenti a tenerlo ben lontano dai semiconduttori! L’impugnatura gommata vi terrà le mani al sicuro dal caldo intenso della punta, facile da cambiare con una chiave in dotazione o con quella che avete nel cassetto.

Wiecok

Un modello comodo per medie potenze. La sua regolazione elettronica consente di avere temperature adatte a stagno di diverse carature, ma è anche un possibile punto debole da usare con attenzione. Se si rompe, si può sempre bypassarla e usare un dimmer.

Yofuly

Stazione saldante misto aria/penna regolabile. Un buon prodotto in questa fascia di costo, molto accessoriato e regolabile. Adatto per hobby e semiprofessionisti. Dotata di tantrismi accessori utili.

Come non distruggere i bulloni

Per la serie come si fa, oggi parliamo di: come si fa a non distruggere bulloni e chiavi inglesi perché si è capre?

Spesso mi capita di trovare brugole, bulloni, teste di dadi chiavi inserti e quant’altro devastati con crepe, bordi slabbrati, mangiate o inutilizzabili e in molti casi mi tocca prendere strumenti inappropriati ed eliminare il pezzo perdendo un sacco di tempo, poi, a togliere il moncone e fare tutto il resto del lavoro.

Spesso e con esiti discutibili mi sono trovato a dover utilizzare giramaschi per cambiare le filettature delle viti, trapani a colonna e scalpellini per fare lavori di precisione e quant’altro.

Quindi vediamo rapidamente come si fa a fare il lavoro in maniera intelligente.

1 Scegliere l’attrezzo giusto

Senza l’attrezzo giusto non si fa niente. Per i bulloni non si usano pinze, tanaglie, ganci da pirata, bestemmie o altro. Si utilizzano le chiavi appropriate, che possono essere bussole, regolabili di tipo inglese, svedese o altro, ma non si utilizzano i pappagalli. Mai.

Non si impiegano che ha categoricamente strumenti dilettanteschi. Quindi se il vostro set di chiavi è formato da un kit di robetta che pesa poco e che suona opaca, meglio fare un bel ordine e comprare qualche cosa di utile.

Vi lascio qui in descrizione tre link per 4 set di fascia intermedia ma abbastanza professionali per poter essere considerato affidabili formati da: chiavi fisse a doppia misura,

chiavi fisse aperte e chiuse

chiavi tubolari a doppia misura e testa esagonale

bussole con cricchetto

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Se non le avete potete cliccare sui link e ordinarli tranquillamente oppure se avete una buona mesticheria vicino a casa vostra potrebbe essere l’ora giusta per farne una visita. State attenti Invece se andate al Brico di zona perché se i prezzi sono buoni a volte la qualità no e bisogna sapere cosa si compra.

In quel caso puntate esclusivamente sulle grandi marche evitando categoricamente tutti gli strumenti in carburo, perché sono quasi ceramici e si strappano, specie se il dado è rugginoso.

2 Preparare la situazione

Preparare la situazione è necessario e si devono avere a disposizione due strumenti fondamentali: l’olio sbloccante, che è un prodotto chimico che si infiltra molto velocemente in profondità lungo la filettatura è sblocca eventuali presenze di ruggine e per alcuni tipi di tipi progetto la fiamma ossidrica portatile.

L’olio si utilizza spruzzandolo sotto il colletto del dado e aspettando il tempo di infiltrazione ed è molto facile da usare.

Di solito vi conviene aspettare una mezz’oretta mezz’oretta, mettendo l’oggetto in una posizione tale da garantire che l’olio possa scendere per gravità lungo la filettatura. Se non è possibile fate più spruzzate e prendetevi il tempo necessario per evitare di dover rifare tutto quanto.

In casi estremi rimedi, soprattutto se c’è una forte ossidazione e infiltrazioni di acqua lungo il dado o il bullone, potete fare un passaggio a caldo con la fiamma ossidrica portatile a gas. Non è una fiamma ad acetilene, ma basta.

Per usala dovete si riscaldare un po’ il bullone ed attendere che tutto torni alla normalità. Non si va oltre il rosso ma si porta ad una temperatura molto alta perchè questo serve per rompere i legami dell’ossidazione e in pratica far seccare la ruggine, che è un sistema buono per sbloccare. Serve pazienza e tecnica per non superare la temperatura di tempra, altrimenti si cambia struttura cristallina alla lega e si butta via tutto.

Ricordatevi che se utilizzate questa tecnica l’oggetto grosso deve essere molto grande e in grado di sopportare la temperatura, mentre quello piccolo invece sarà da buttare.

3 Sbullonare

Una volta effettuato lo sbloccaggio a caldo o a freddo si passa alla fase successiva: girare la chiave!

Per girare la chiave occorre polso e intelligenza. Nella maggior parte dei casi il punto è più difficile è lo spunto iniziale. Per superarlo si dà uno strappo secco con una relativa quantità di forza, ma senza esagerare. Questo serve per sbloccare la sposa, cioè quella parte di metallo che a contatto si è parzialmente attaccata per micro fusione, diffusione,, ossidazione o altri fenomeni metallurgici, oppure perchè è stata usata una vernice aggrappante.

Se non è stata oliato durante il montaggio, il che vi fa capire che chi ha fatto il lavoro iniziale piuttosto idiota perché il grasso è fondamentale e non danneggia o inficia la qualità del lavoro, una volta sbloccato lo spunto il dado deve essere relativamente libero e deve potersi muovere con una certa disinvoltura.

Non forzate mai, perché spacchereste chiavi e dado e vi ricordo che spesso il dado o il bullone è di un metallo meno resistente della chiave, che solitamente è in lega cromo vanadio o in iridio e altre leghe dure.

Se dopo lo spunto la filettatura continua a essere dura ripetete l’operazione di lubrificazione e continuate fintanto che tutto non è fluido. È essenziale evitare di distruggere il dado. Per questo non si usano le pinze o i pappagalli, perché non sono in grado di offrire il giusto contatto e si impiegano esclusivamente nel caso in cui la testa del dado sia irrimediabilmente devastata.

Persino quando è liscia e tonda è sempre conveniente trovare una soluzione alternativa come saldarci sopra un elemento per fare perno o in alternativa tagliare un’apertura per infilarci un grosso cacciavite e tentare con quella tecnica prima di usare pinze e tenaglie, anche perché il rischio è quello di farsi veramente male.

Il compressore, che tragedia!

Oggi non scenderemo troppo nel dettaglio, ma voglio mettervi a parte dei dettagli di una piccola esperienza del cazzo che mi porto avanti da tantissimo tempo. Molti anni fa, quasi 15, mio padre ebbe la bellissima idea che mi vedeva del tutto d’accordo di acquistare un compressore per ogni evenienza.

Uno strumento in grado di soddisfare i problemi come gonfiare le ruote dello scooter, della macchina, delle biciclette, levare la polvere dai contatti elettrici, eliminare la segatura dove non si riesce a farla venir via con la spazzola e altri fantastici giochi di prestigio.

Andammo a un Brico che all’epoca era l’unico in zona perché i prezzi tutto sommato erano buoni. Dopo aver visionato in diversi compressori in un range di spesa di circa 100-200 euro abbiamo litigato per quasi un’ora su quale fosse il modello adatto ai nostri bisogni.

Lui ne voleva uno grande potente e super accessoriato per fare le sue cazzate, io invece le volevo semplicemente uno che fosse in grado di garantirmi la pressione necessaria per le gomme della macchina. Ovviamente i soldi erano i suoi e alla fine siamo stati costretti a fare come diceva lui.

Il risultato è che adesso sono 15 anni che ho in garage ho un compressore che non è mai stato utilizzato per verniciare se non un paio di volte, mentre la pistola mi ha effettivamente risolto problemi di polvere mortale incastrata ovunque.

Il resto è un agonia, per gonfiare le gomme dell’auto, perchè ce la fa a malapena. Se dovete scegliere un compressore universale, assicuratevi che i dati i targa sianono compatibili con quelli delle gomme delle macchine.

La regola del pollice ingegneristico vuole che ci sia almeno 1,1 volte la pressione disponibile maggiore rispetto a quella che avete per le gomme. Anche se io sinceramente ti consiglio di poter arrivare almeno al doppio.

Adesso vi lascio la recensione di tre modelli di compressore diversi, uno adatto per il bricolage in piccolo garage, il secondo buono anche per verniciare a spruzzo superfici grandi ad esempio per fare un po’ di carrozzeria spicciola, anche se non è mai una buona soluzione verniciare la macchina con il compressore se non si ha lo spazio necessario e il terzo infine adatto per ogni scopo.

Se volete farvi un bel regalo per il black friday o il natale compratevi un compressore che è fondamentale per fare tantissimi lavori.

Compressore Blcak & Decker 1800

Ottimo per la manutenzione e per chi sa dove mettere le mani

Compressore Stanley D-200

Per chi di spazio ne ha poco, ma vuole il meglio

Compressore portatile Stanley 1868

Piccolissimo, compatto, ha autonomia breve, ma la sfrutta davvero tutta!

Iniziamo subito a preparare il pergolato?

Perché può fare questo tipo di intervento? Aggiungere una pergola in giardino può essere la soluzione perfetta per spendere di meno di corrente elettrica durante l’estate, perché aggiunge fresco, protegge dal vento fastidioso e limita notevolmente la necessità di utilizzare l’aria condizionata, che sinceramente sta diventando un peso da sopportare e non più un vantaggio.

Io personalmente la uso il meno possibile, preferendola alla cara vecchia soluzione dell’aria di circolante e insultando chi mi sgasa davanti a casa fino quasi a farci a botte.

Per una pergola occorre pochissimo. Basta effettuare qualche scelta sensata, assolutamente low-cost e decidere se si desidera installarne una che faccia soltanto ombra, ombra e frutti, ombra e frutti esotici.

Sono queste le strade da seguire per chi vuole una pergola in casa. Diamo rapidamente un’occhiata ai vantaggi e alle metodologie.

Innanzitutto i tipi principali di piante per fare la pergola sono la vite, l’uva americana non commestibile e il kiwi. Esistono anche le pergole di glicine, ma vi assicuro che sono una pessima scelta se avete problemi con le api e le vespe e le formiche e qualsiasi altro insetto volante, perché i fiori di glicine piacciono molto agli animaletti e quindi vi trovereste la casa letteralmente invasa da ospiti indesiderabili e il giardino pieno di cacca degli uccelli. Questo è un fatto.

Comunque se volete divertirvi a pulire per qualsiasi tipo di pergola occorre avere un supporto che permetta di farla crescere con ottimo profitto e un po’ di terreno, cosa non sempre possibile in città. Vi rimando a questo blog dove potete trovare tante idee per creare terra in città e a quest’altro per concimarlo low cost e senza appestare il vostro amatissimo vicinato, anche se vorreste tanto.

La cartavetra

La carta vetrata o carta abrasiva è indispensabile in ogni laboratorio domestico e non, perché permette di effettuare lavori di finitura sul legno, i metalli e la pietra. Esistono tantissime carature e con sostanzialmente tre grossi standard. Sono cioè quello europeo che è sostanzialmente l’unico che ci interessa, tranne nel caso dei lavori di liuteria in cui a volte si preferisce utilizzare quella americano.

Gli standard

C’è poi il protocollo giapponese e infine quello statunitense. Grossolanamente il numero della carta vetrata è correlato alla sua capacità di abradere una superfice. Spiegando su un po’ meglio,, in sostanza la carta vetra è formata da uno strato di cartoncino o carta più o meno spessi, completato da un robusto collante che ingloba al suo interno un materiale granuloso di varia natura.

Solitamente si tratta una pietra molto dura, una sabbia naturale, sintetica o sinterizzata, macinata o in alcuni casi una grana metallica policristallina. Fondamentalmente la cartavetra deve essere formata da qualcosa di più duro del materiale da grattare, altrimenti non funziona e si sbriciola.

Stessa cosa vale per la colla, che però sfrutta la viscosità e l’elasticità per trattenere in posizione i granuli. Per comprendere rapidamente la tipologia delle misure, che vale per tutti gli standard, è semplicemente la densità di grani per unità di superficie.

Ci possono essere differenze e frustrazioni legate per esempio allo standard americano o europeo che prevedono pollici e centimetri. A volte possono causare un po’ di confusione in Europa dove usiamo misure da persone civili con un sistema metrico e decimale e non un delirio atavico con inch, yard e fathoms.

Come si legge la cartavetra

La grana ha misura compresa tra 10, grossolana per sgrossare e usata quasi solo a rotolo su macchina e 7000, estremamente sottile e impalpabile, per lucidare. Maggiore è la densità di grani per centimetro quadro o per pollice quadro.

Questo anche se mi aborre l’uso e la citazione di unità di misura così demente come il pollice, che mi auguro di veder sparire anche dei libri di storia come uno spiacevole incidente. Anche se purtroppo l’umanità si troverà a sperimentarla all’infinito perché è una unità da redneck e gli americani sono particolarmente ottusi per quanto vogliono fare i padroni dell’universo. Parlo anche di quelli che si descrivono come progressisti, ma che alla fine sono soltanto l’altra faccia della medaglia.

Le carte grossolane si usano per asportare grandi quantità di materiale ed hanno un funzionamento tutto sommato paragonabile a quello di una raspa. Quelle a grana più sottile, invece, si usano per smerigliare e lucidare le superfici a mano oppure a macchina.

Per iniziare a farti un’idea delle possibilità delle diverse grane, specie su un banco di piccole dimensioni, prima di passare a una macchina a rotolo continuo, puoi provare un set con più carature e vedere su quali puntare. Oppure tenerlo come riserva nel cassetto speciale delle cosine di precisione.

Nota pratica

Una nota interessante è che nel caso in cui si debbano incollare superfici di legno in condizioni non particolarmente buone è fondamentale carteggiare accuratamente per pareggiarle. Vi assicuro che con un lavoro di carteggiatura fatto abbastanza bene, ossia la rettificatura, con un po’ di occhio si possono ottenere livelli di precisione assolutamente impensabili spesso paragonabili a quelli a macchina.

Questo vale ovviamente nell’esclusivo caso in cui si impieghino materiali in legno, mentre per il metallo la cosa è ovviamente meno precisa e non sostituibile, anche se i vecchi meccanici avevano il banco di rettifica con la carta abrasiva per rimuovere le sbreccature e i cozzi della candela che batteva in testa.